Viviamo in un’epoca in cui le infrastrutture energetiche si sono trasformate in organismi digitali distribuiti estremamente complessi e interconnessi. Centrali elettriche, impianti industriali, reti di distribuzione, sensori e dispositivi IoT formano un ecosistema tecnologico dove ogni componente comunica con gli altri, generando flussi continui di dati e comandi.
Ma in un sistema così integrato, la superficie d’attacco si amplia esponenzialmente, e con essa aumenta la velocità con cui le minacce possono diffondersi.
Nel mondo Energy & Utility, un attacco informatico può essere capace di interrompere servizi essenziali, generare blackout, mettere in crisi l’erogazione di acqua, gas o energia. E in certi casi, impattare sulla sicurezza fisica delle persone.
Più interconnessione, più esposizione
Negli ultimi anni, i confini tra i domini IT, OT e IoT sono andati via via dissolvendosi. Quelli che un tempo erano perimetri separati — con architetture, logiche e responsabilità differenti — oggi si intrecciano in un’unica rete operativa iperconnessa, dove i sistemi di controllo industriale dialogano con applicazioni cloud, sensori intelligenti, infrastrutture di rete e software gestionali.
Questa trasformazione ha portato evidenti vantaggi in termini di efficienza, automazione dei processi e gestione predittiva. Ma ha anche aperto nuovi varchi di vulnerabilità, spesso invisibili agli strumenti tradizionali.
Molti approcci alla cyber security, infatti, continuano ad analizzare questi ambiti in maniera separata, trattando l’infrastruttura IT, l’ambiente OT e i dispositivi IoT come mondi a sé. Il risultato? Una visione frammentata, incapace di cogliere ciò che accade nel mezzo — proprio dove, spesso, si insinuano le minacce più insidiose.
A complicare il quadro c’è anche un altro limite strutturale: la gestione del rischio è ancora troppo dipendente da processi manuali. Le attività di discovery, analisi e mappatura degli asset vengono svolte in modo parziale, su basi documentali o percezioni locali, senza una vista organica e aggiornata in tempo reale. Questo rende il sistema vulnerabile non solo agli attacchi, ma anche all’errore umano e alla disinformazione interna.
La vera minaccia: l’interruzione del servizio
Se un tempo l’obiettivo principale della cybersecurity era evitare il furto di dati, oggi il problema più urgente nel settore Energy & Utility è la tenuta operativa del sistema. La continuità del servizio non è più una garanzia implicita: è un rischio da presidiare costantemente.
Un attacco può paralizzare un nodo critico della rete, rallentare processi industriali fondamentali o addirittura compromettere un’intera catena di distribuzione. In un contesto così sensibile, anche pochi minuti di inattività possono generare impatti economici enormi, danni reputazionali e rischi per la sicurezza pubblica.
Il vero nemico non è solo il malware o l’hacker, ma l’impreparazione di fronte all’imprevisto.. Non sapere dove si trovano i punti deboli, non avere un modello aggiornato dell’infrastruttura, non poter simulare cosa succede se un asset va offline o se un processo viene interrotto, tutto questo rende impossibile gestire il rischio in maniera proattiva.
Serve una visione continua e profonda
La gestione del rischio oggi non può più basarsi su approcci frammentati o statici, richiede una visione integrata, capace di adattarsi al ritmo delle infrastrutture che evolvono di continuo. Per comprendere davvero dove nasce una minaccia e come si propaga, è fondamentale avere una lettura in tempo reale dell’intero ecosistema: non solo degli asset, ma anche delle relazioni, dei flussi e delle dipendenze operative.
È in questo contesto che i modelli digitali diventano strumenti indispensabili: rappresentano fedelmente l’architettura aziendale e consentono di analizzare scenari futuri, testare soluzioni e prendere decisioni più informate.
Perché conoscere una vulnerabilità non basta, bisogna capirne il peso, il ruolo e le conseguenze reali sul funzionamento dell’intero sistema.
Non è (solo) una questione tecnica
Spesso si parla di cyber security come di una sfida tecnologica, ma il rischio cyber è anche una questione di fiducia e governance.. La crescente pressione normativa, pensiamo alla Direttiva NIS2, al Digital Operational Resilience Act (DORA), o agli standard ISO, obbliga le aziende a strutturare piani precisi per la gestione e la rendicontazione del rischio.
Ma oltre alla compliance, il vero motore del cambiamento è la necessità di ispirare fiducia verso gli stakeholder e le istituzioni.
Sapere di avere sotto controllo la propria infrastruttura non è solo un requisito tecnico, è un prerequisito per innovare, per aprirsi a nuovi mercati, per costruire una reputazione solida in un settore dove ogni errore è sotto i riflettori.
Conclusione
Il settore Energy & Utility si trova al centro di una trasformazione epocale, in cui la resilienza operativa e la protezione cyber non sono più due ambiti separati, ma due facce della stessa medaglia.
Affrontare la complessità di un’infrastruttura iperconnessa non significa inseguire le minacce, ma imparare a leggerle prima che si manifestino.
Non si tratta di implementare strumenti, ma di adottare una nuova cultura del rischio, capace di unire tecnologia, governance e visione strategica.
È questa la vera sfida — e insieme l’opportunità — per costruire un futuro energetico più sicuro, più stabile e, soprattutto, più consapevole.
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